Papa Giovanni Paolo II La Giovinezza.

Papa Giovanni Paolo II

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PAPI E BEATI - PAPA GIOVANNI PAOLO II - LA GIOVINEZZA

IL «ROSARIO VIVO»

Nel febbraio 1940 presso la parrocchia di S. Stanislao Kostka a Debniki ebbero luogo gli esercizi spirituali. Il peggio non era ancora arrivato ed i Padri Salesiani, proprietari della parrocchia, non erano stati ancora arrestati e spediti nei campi nazisti (ciò avverrà invece un anno dopo: ne periranno dodici preti e un frate, e tra loro il priore Jan Swierc). Ma adesso Karol Wojtyla incontra un gruppo di giovani studenti, tutti assetati di vita spirituale. Essi formano in breve «il Rosario vivo» ed il circolo di catechesi; incontrandosi ogni sabato per le preghiere ed i discorsi nella cappella. Il livello dei discorsi è elevato, anche per il contributo delle lezioni del reverendo Jan Mazerski, biblista e studioso di lingue orientali. Ma la più grande impressione sul giovane Wojtyla la fece uno strano sarto che frequentava la cappella. Si chiamava Jan Tyranowski e si distingueva palesemente dagli altri non tanto per i suoi quarant'anni portati male, e nemmeno per la sua faccia pallida e i capelli grigi, quanto per la scarsa cultura che non gli conferiva facilità di parola, per quel suo comportamento di uomo austero e solitario e per i suoi principi morali eccessivamente rigidi che lo facevano apparire un bigotto. Per tutte queste ragioni, di primo acchito, egli suscitava sentimenti di ripulsa nei giovani. Perché allora veniva nella cappella a parlare ai giovani intellettuali? E non era forse vero che, malgrado tutto, alla fine egli riusciva ad attirarli a sé? Nel bellissimo e profondo articolo dedicato alla memoria di Jan (Giovanni), scritto nel 1949, il futuro Papa chiamò Tyranowski «un apostolo della Grandezza Divina e della Divina Bellezza». Lo strano sarto si accattivava la simpatia di tutti con la sua religiosità, perché in lui si sentiva l'asceta, il mistico, e, soprattutto, l'uomo dalla ferrea coerenza verso la verità.

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L'APOSTOLATO DI TYRANOWSKI

Egli era un accanito lettore di San Giovanni della Croce, di Santa Teresa del Bambin Gesù e della «Mistica» del reverendo Pietro Semenenko, famoso fondatore della Congregazione dei Redentoristi e amico dei nostri poeti del romanticismo, e sembrava sospinto da un unico desiderio: servire Dio. Jan, prima ragioniere e poi sarto come il padre, presso il quale lavorava, amava trascorrere qualche ora del giorno immerso nelle meditazioni. Ma non si chiudeva in se stesso: la sua intensa vita spirituale aveva bisogno di qualche sbocco per uscire dai cerchi dell'intenso misticismo e per poter svolgere «l'apostolato della Grandezza Divina e della Divina Bellezza». Prima della guerra lavorava nell'Azione Cattolica, ma ora, nei giorni tetri dell'occupazione nazista, quasi in dispregio del suo perdurare e della sua feroce repressione Jan osò creare intorno a sé una specie di scuola il cui numero di allievi arrivava talvolta a cento. Gli incontri avvenivano nella casa del «Signor Presidente», come scherzosamente lo chiamavano, in via Rózana 7 (via delle Rose), dove abitava con i genitori; oppure, per mancanza di spazio e per maggior sicurezza, si tenevano qua e là sulla riva della Vistola, al fine di eludere la sorveglianza della Gestapo che diffidava dei gruppi dei giovani, sospettando, giustamente, qualche cospirazione. «È difficile scordare quei colloqui con Giovanni - scrisse il reverendo Wojtyla. - Uno di essi mi è rimasto scolpito nella memoria. Giovanni, quell'uomo semplice che spesso si lamentava, davanti al confessore di non avere il dono della parola, quella volta ci parlò, fino a notte fonda, di Dio chi è Lui, ovvero che cosa è la vita con Lui. Le parole difficili gli venivano spontaneamente. Credo che fosse il mese di luglio e la giornata si spegneva lentamente; le parole di Giovanni suonavano sempre più solitarie nel buio che calava e penetravano sempre più nel profondo del nostro animo, sommuovendo quei sentimenti religiosi, stratificati nel fondo, che di solito evitiamo con tremore». L'ultima frase ci fa capire quali spazi, quali confini raggiungessero i discorsi di Giovanni e quale fosse il metodo didattico del suo apostolato. Non ci sbaglieremo di molto sostenendo che proprio là ebbe inizio il pensiero teologico e filosofico del futuro Pastore delle anime; là, dove si sono aperti spazi, penetrati più dall'intuizione cristiana che dal pensiero ragionato. Il sarto-apostolo diceva che quelle profondità si trovano in modo del tutto naturale nell'uomo, ma spesso si disperdono in lui, oppure suscitano un moto di difesa contro la loro potenza.
Nell'articolo di Wojtyla leggiamo ancora: «Lui voleva che le nostre anime riscoprissero le verità religiose, ma non attraverso il filtro delle interdizioni e delle restrizioni; voleva che attingessimo alle fonti soprannaturali che, ne era convinto, sono connaturate in noi, per trarne un modello di esistenza umana vissuta nella dimensione spirituale soprannaturale che, tramite la grazia, ci fa essere partecipi della vita di Dio». L'apostolato di Giovanni Tyranowski si fondava sulla fede nella bontà divina, ed anche nella bontà, spesso nascosta, o forse spenta, dell'uomo.

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18 Giu. 2025 7:21:33 pm

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